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Docufilm “AMBIN La Roccia e la piuma”.                         30/01/2024

La camera vola con l’occhio sulle montagne, ciò che vediamo, o crediamo di vedere, che si specchia nell’obbiettivo e si riflette nei nostri occhi è il massiccio d’AMBIN: un acrocoro, un deserto d’alta quota sul confine tra Italia e Francia. Quindici cime oltre i tremila metri di quota e quel poco ghiaccio che ha resistito al riscaldamento climatico. Montagna vasta l’Ambin: di confini aperti, di confini chiusi, di incontro e scontro di lingue. A esplorare questo immenso altopiano si rileva coscienza del nostro presente. Immagine riflessa nelle memorie del nostro passato. Si rivela ostacolo, montagna di inciampo e transito ai cammini degli uomini. Svettare di guglie tra le nuvole e il cielo. Rifugi, bivacchi e sentieri.
Conserva l’immagine di eserciti e di condottieri a cavallo e persino di elefanti, e passaggi di Santi, di artisti, di Papi. E giornate di sole, di vento, di neve, di tormente e valanghe, di colori bruciati, di sole, di acqua, di secchezza, di contrabbandieri, di cacciatori, di fuggitivi e migranti. Ma è davvero l’AMBIN? O la sua apparenza?
Queste sono le parole contenute nel documento ufficiale, della "Unione Montana Alta Valle di Susa", Ente finanziatore del progetto, a presentazione del docufilm.

il documentarismo del regista è diverso da quello tradizionale. Valla preferisce sostituire una pluralità di voci, per offrire un mosaico. Il suo metodo è quello del collage di interventi, e ciò dà all’opera una particolarissima veridicità; tutte queste voci danno l'impressione che l’oggetto del film “si costruisca da sé”, l’Ambin appare per sé. E la cima (in questo caso i Denti) non è conquistata se non nel senso ludico del gruppo di highliners alla fine – il che non nega né l’elemento di inevitabile suspense che proviamo sempre davanti a simili spettacoli né l'aspetto incantato che li circonda (l’aurora). Nel loro camminare sul filo sopra l’abisso, o anche stendersi per gioco a fingere di dormire, vediamo realizzarsi quell'antitesi fra il pieno e il vuoto, il massiccio e il volatile, la roccia e la piuma, postulata dal (sotto)titolo.
Queste quelle contenute nella presentazione di Chambra d’òc (La produzione)

A Voi dicono qualcosa ?

A noi, proprio nulla, anzi ci troviamo il solito politichese che riempie la bocca (in questo caso la carta/monitor) senza andare mai nel concreto, così vale anche per la "magia" del film..... Di certo non escludo che sia  legato all'ignoranza di noi montanari dalle scarse vedute, in difetto di "livello" per capirne la poesia.

E con noi intendo uno sparuto, misero e ignorante gruppo di Guide Alpine che da almeno 40 anni vivono e lavorano intorno al massiccio; per dare la misura del "vivono e lavorano" faccio subito un esempio (e ne avrei altri mille), mentre scrivo questi commenti, il gruppo è impegnato da un paio di mesi nella gestione dal punto di vista ambientale, in primis il monitoraggio e il distacco artificiale di valanghe, su di un grosso cantiere invernale presso la Diga di Rochemolles, situata (quasi*) nel massiccio degli Ambin, per conto di Enel Green Power; e da 15 anni in Val Clarea per conto di Iren Energia.

Siamo a conoscenza del progetto dalla sua nascita un paio di anni fa, in un primo momento siamo stati anche interpellati per fornire le nostre competenze sul massiccio, ma poi subito allontanati in quanto per ovvie ragioni le nostre pressioni erano rivolte a sostenere e potenziare la frequentazione del massiccio Ambin attraverso l'alpinismo, lo scialpinismo l'arrampicata, l'escursionismo..etc in quel gruppo di montagne, da sempre lontane dai riflettori e dalla carta patinata dei grandi centri alpini.

Il messaggio che ci è stato trasmesso fin da subito è stato evidente "l'alpinismo è banale e noioso..." ancor più chiaro nella ultima mail ricevuta, certo scritta con buone parole e tanta intelligenza, ma dove il contenuto senza mezzi termini recitava: "Caro Pier, tu e il tuo alpinismo avete rotto il c....o, il film è mio e faccio come dico io."

Detto questo riporto qui la mia prima impressione scambiata whats app, con qualche altra persona appassionata alle montagne degli Ambin, dopo aver visto nel mese di giugno 2023 una anteprima che altro non è che la versione ora ufficialmente presentata.

"Molto peggio di quello che mi aspettavo, un mix di spezzoni e parti senza un filo conduttore, che gli Ambin siano un massiccio alpino se non lo sai, dal docufilm non lo capisci manco..... Ok però ci sono le illustrazioni di Boschis, Timon che ci racconta di una strada e del suo incidente, e poi un nuovo rifugio servito da una strada cavolo che grande idea e innovazione, la montagna terapia argomento top per gli Ambin, i forti del Moncensio, la parte in francoprovenzale sdraiati sulle sedie colorate senza un collegamento con le montagne.... un paio di francesi in slack-line, due bocia da boulder, una colonna sonora da favola.... nella buona sostanza lo vedo come una cosa fatta tanto per fare, alla fine sono denari pubblici nessuno si lamenta....Se dovesse scegliere il sottoscritto salverei solo i due bergè e un mezzo minuto di riprese aeree con innevamento, ma ovviamente non capisco un cazzo e l'alpinismo e noioso....."

Qualche anno fa (oramai parecchi erano le Olimpiadi Torino 2006) in compagnia di un caro amico, avevamo prodotto una mostra e a seguire un libro sull'alpinismo storico nel massiccio Ambin, di cui qui riporto un estratto che ben chiarisce quali erano le nostre aspettative dal docufilm.

La poesia che traspare dalle cronache passate, le emozioni che i primi alpinisti ci hanno trasmesso dai bollettini e dalle riviste del CAI hanno come attore principale le nostre montagne, ed esse sono ancora lì, purtroppo poco frequentate. L'ambiente è rimasto selvaggio come allora e la mancanza degli alpeggi e del rifugio Vaccarone rende queste cime ancora più difficili da raggiungere, le mode e i nomi più conosciuti delle altre cime celebri hanno deviato gli alpinisti su altri fronti.
Questa esposizione oltre a presentare la magia di un'epoca pionieristica e storica vuole ridestare interesse per la fruizione di un territorio alpinisticamente meritevole.

Tutte le regioni alpine sono in competizione per un forsennato riarmo turistico, stradale, edilizio, i prolungamenti delle stagioni invernali e la ricerca di indipendenza dalle risorse naturali con l'innevamento artificiale, che prosciuga sorgenti e acquedotti, e altrettante artificiali moltiplicazioni di attrazioni e comodità collocabili sul mercato, stanno distruggendo penosamente quello che molte generazioni hanno pazientemente costruito e conservato con il massimo rispetto. Si rischia di accelerare un meccanismo di autodistruzione insensato e suicida, la varietà dell'habitat alpino della nostra valle dal punto di vista ecologico, sociale, economico e culturale non dovrebbe  farsi schiacciare da autostrade, linee ad alta velocità, condomini alberghi, impianti di risalita ad innevamento coatto e quant'altro avanza sul fronte dello sfruttamento aggressivo e smisurato.
Paradossalmente, la variegata differenza culturale, la molteplicità delle lingue esprimono la vitalità della civiltà alpina, mentre l'omologazione turistico-industriale-viaria crea unità solo nella distruzione.

Il messaggio lasciato dai primi salitori del massiccio Ambin è una traccia misurata, equilibrata, compatibile con il rispetto della natura. Un passaggio dolce nella storia, dolce ed inconfondibile.

Allora iniziò un vero fenomeno di costume che vide incontrarsi la cultura cittadina con quella valligiana, la prima prese lentamente il sopravvento sul mondo della montagna, dettando moda, regole e stili di vita, ma ora le condizioni e la crisi del sistema riportano consapevolezza e determinazione: il montanaro ha capito che i suoi valori e la sua cultura sono basilari e determinanti per un futuro vivibile.

Il massiccio Ambin è rimasto isolato e selvaggio come nessun luogo in Valle di Susa e può offrire ancora le stesse emozioni.
La giusta valorizzazione di un territorio è tramandare un patrimonio di ambiente e di cultura, di civiltà materiale e spirituale, che si tutela meglio se si sa da dove viene.

(Quasi*) il Massiccio D'Ambin tecnicamente è il gruppo di montagne compreso tra il colle del Moncenisio a est e il Colle del Sommeiller a ovest, oltre il quale si estende il gruppo d'Etiache.
Il vallone di Rochemolles fa parte di questo secondo gruppo, da dove una lunga strada sterrata sale ai 3000 mt. del Colle del Sommeiller, senz'altro uno dei motivi principali per cui metà del del docufilm è stato girato in questo vallone, tralasciando l'anima nobile del massiccio, trovandosi molto meno a portata di mano.

Nel caso qualche lettore voglia esprimere un opinione, o magari riuscisse a farmi capire dove sta la "Magia" del film sarei molto ben felice di ascoltarla, ben ché mi sia sforzato di vederlo più volte, continuo a non capire.

Pier Mattiel

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