L'esposizione
sull'alpinismo storico e questo relativo catalogo vogliono rendere
merito ad uno degli scenari più affascinanti dell'intero arco alpino,
alle sue genti ed alla sua cultura.
Le popolazioni che frequentavano il massiccio d’Ambin, Exilles e le sue
frazioni, Chiomonte, Le Ramats e Giaglione erano di parlata occitana e
francoprovenzale.
Le relazioni già molto precarie tra paesi confinanti, erano più
complesse nel caso di Giaglione, Chiomonte ed Exilles, in quanto questi
ultimi erano appartenenti al Delfinato, mentre Giaglione al territorio
Savoiardo, così beghe paesane potevano diventare incidenti di frontiera
e ragioni di stato. Già nel 1334 si accennava a “ discordiis et
rancuniiss et questionibus vertentibu inter homines de Exiliis ex una
parte, et homines Galionis ex altera “ seguirono le questioni delle
acque, da una supplica di abitanti di Cels “ soyent estez oultragez par
vous subietcts du lieu de Jallions sur les montagne appese Tullies “
questo dopo i lavori del buco di Colombano Romean. Neanche i lavori di
stesura della mappa Rabbini nel 1864 riuscirono a stabilire esatti
confini tra le due comunità.
Questi fatti dimostrano l'attacamento al territorio e l'alta
frequentazione di una montagna ora definitivamente abbandonata.
Le vicende alpinistiche del massiccio sono legate ai grandi nomi del
club alpino torinese, a chi vedeva le imponenti montagne dalla città, e
le ha rese ancor più grandi con scritti ed imprese.
Questa mostra vuole essere un omaggio oltre che per i validi alpinisti,
le guide ed i portatori, anche per le donne e gli uomini che riempivano
le borgate alpine e faticavano su ripidi pascoli in condizioni estreme.
Il massiccio d’Ambin raggruppa una serie di vette spettacolari ed
interessanti: Cima del Sommeiller, Monte Ambin, Grand Cordonnier,
Niblè-Ferrand, Rocca, Gros Muttet e i Denti d’Ambin, che raccoglievano
grandi ghiacciai ed innumerevoli colli.
Dai bollettini del CAI, dalla rivista e dalle guide d'epoca riviviamo
le cronache dei primi salitori, le tragedie e la poesia di un linguaggio
di altri tempi che è comunque reale ed attuale nel pensiero.
Le prime guide ed accompagnatori portano cognomi francoprovenzali ed
occitani, sono cacciatori di Giaglione, Exilles, les Ramats, gente di
montagna che inventava una nuova professione.
L'obbiettivo di questa esposizione è riportare interesse per un luogo
affascinante e perso di vista dal mondo dell'alpinismo moderno,
ridestare interesse per un territorio ricco di falesie e vie ferrate nel
fondovalle colmo di fascino storico e con possibilità di rivisitazioni
alpinistiche in quota.
Non è un ricordo nostalgico del passato ma un indirizzo chiaro per il
futuro.
Certamente non è nostra intenzione paragonare da un punto di vista
strettamente alpinistico, il gruppo degli Ambin, con altri massicci già
ampiamente riconosciuti, ma come leggeremo nei passi dell'esposizione,
la Valle di Susa e quindi, le cime degli Ambin, cuore montano di essa,
hanno negli anni passati, rappresentato punto di riferimento per l'
alpinismo torinese, dove i protagonisti hanno saputo trovare ammirevoli
escursioni e superbe ascensioni tecniche. Nei periodi successivi, la
capitale piemontese e di conseguenza anche le valli adiacenti sono stati
caratterizzate da uno sviluppo prettamente industriale e tecnologico,
tralasciando completamente gli aspetti turistici e di valorizzazione del
territorio, che sono invece stati la fortuna di altre zone; per
induzione anche nelle ristrette cerchie alpinistiche, gli obiettivi si
sono spostati altrove.
Oltre alle interessantissime nozioni storiche, legate ad un tempo
passato, che per forza di cose non potrà mai più essere vissuto, lungo
il percorso della mostra troveremo una serie di moderne descrizioni
delle ascensioni, dei rifugi e delle guide alpine dei tempi nostri.
Perché è nostro auspicio promuovere, far conoscere e praticare ancora
questo affascinate territorio alpino.
( Da: "Alpinismo storico nel Massiccio
Ambin" - Pier Mattiel / Marco Rey - Gen. 2006 )
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